Mentre intorno a noi il mondo appare carico di un pericolo non immediatamente visibile, se non nei suoi effetti, dalla mia libreria, un libro, in mezzo a tanti altri, sembra chiamarmi imperiosamente… il libro dei mutamenti, gli antichi esagrammi cinesi, conosciuto dai più, con il nome di I-Ching.
Sfogliandolo ritrovo un approccio a me caro e familiare ma anche opposto al nostro modo “occidentale/razionale” di considerare l’essere e il vivere.
Le cose su cui siamo abituati a fare affidamento sono in realtà i più grandi ostacoli: il “fare” incessante, il “produrre”, il “riuscire”, il raggiungere obiettivi esterni a noi.
Mi chiedo quanto, i nostri frenetici gesti quotidiani, ci hanno portato a riempire ogni spazio della nostra vita, eliminando la possibilità di sperimentare il “vuoto”?
Senza quasi accorgercene, ci siamo negati l’esperienza più importante per ogni essere umano: lo “stare nel vuoto” ovvero gestire l’”assenza”.
Esperienza di primaria importanza psichica perché solo in questo spazio “vuoto” l’essere umano può sentirsi spinto allo sviluppo, alla ricerca, alla crescita e alla creatività.
Un “vuoto” che diventa pieno e accogliente, un “vuoto” che è lo “spazio tra un respiro e un altro”; uno spazio che si trasforma nel tempo, quello che ha l’onda del mare di arrivare al suo apice, per poi ricrearsi all’interno del proprio interminabile moto; uno spazio in cui la nostra parte razionale e quella inconscia possono intrecciarsi e generare nuovi significati e nuove risposte creative alle domande dell’esistere.
L’emergenza che stiamo vivendo, in questo momento, è una possibilità di cambiamento, è un invito alla scelta: quella di decidere cosa è importante per noi e cosa no, è un invito a scendere in profondità per arrivare al centro di noi stessi a cercare più ricchezza e significati, è un invito a rigenerarsi profondamente.
Sta a noi assumerci la responsabilità di scegliere di ricordarci di aprire questa porta o di scegliere di dimenticarci di farlo.
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